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mercoledì 13 ottobre 2010

Luoghi da salvare: i villaggi d'alpeggio dello Zerasco

I villaggi d'alpeggio dello Zerasco


Il territorio di Zeri, per via della sua posizione geografica che lo ha isolato per secoli dal resto della Lunigiana, oltre che per l’assenza di monumenti di spicco come castelli, torri o borghi fortificati, è da sempre uno dei meno conosciuti dai turisti. Si tratta di un territorio assolutamente montuoso, spesso impervio, la cui popolazione ha sempre lavorato sodo per ottenere il sostentamento dalla difficoltosa coltivazione del terreno e, soprattutto, dalla pastorizia. È quindi una zona ricca di testimonianze etnografiche e della cultura materiale.
Proprio all’interno di questo contesto possiamo collocare la necessità di salvaguardare tre interessanti località dell’Appennino: Formentara, Porcilecchio e Gurfuglieta. Tali toponimi designano tre antichi insediamenti umani, situati intorno ai 900 metri s.l.m., sulle pendici del monte Spiaggi (1554 m), a poca distanza dal Passo dei Due Santi e dalla famigerata località sciistica di Zum Zeri.
Si tratta di villaggi d’alpeggio, ovvero insediamenti edificati da genti dedite alla pastorizia, popolati solo durante la stagione estiva, quando le greggi venivano condotte verso i freschi pascoli montani, dopo essersi nutrite per l’intero inverno dei prati situati più in basso, presso i borghi.
A primavera inoltrata, quando il gelo ormai era terminato, gli uomini (adulti e adolescenti) dei borghi di Noce e Patigno, si incamminavano su per gli irti sentieri dell’alpe con le loro bestie (pecore e capre), con l’intenzione di passarvi tutta l’estate, tornando dalle famiglie solo al principio dell’autunno. Questa tradizionale transumanza ha reso necessaria l’edificazione di ripari solidi e affidabili, in cui ricoverare le greggi durante la notte o in caso di maltempo ed in cui poter collocare un giaciglio e le pochissime, indispensabili, suppellettili per la vita quotidiana.
Verosimilmente, dato che tale tradizione si protrasse, con tutta probabilità, a partire dalla protostoria, in antichità i ripari erano costruiti con il legname dei numerosi boschi e, data la poca resistenza alle inclemenze dell’inverno, dovevano essere ricostruiti ogni anno. È anche possibile che questo tipo di accampamento, almeno inizialmente, non fosse stabile, ma fosse approntato ogni anno in zone diverse.
In seguito, con l’affinarsi delle tecniche costruttive e con l’aumentare delle famiglie, sarebbero stati edificati i villaggi in pietra, i cui vantaggi sono evidenti. Ogni famiglia aveva un suo possedimento, costituito da una “cassina”, cioè da una casupola di sasso ed eventuali annessi (un pozzo, un forno, una stalla, una legnaia ecc.), unitamente ad un appezzamento di terreno a pascolo.
Sebbene i primi documenti scritti che ci rimangono risalgano agli inizi del ’500 (qualsiasi documento precedente è andato bruciato nel rogo di Pontremoli del 1495), la nascita dei villaggi potrebbe situarsi forse già nel basso medioevo. Invece, l’impianto attuale dei villaggi potrebbe essere datato grossolanamente al XVII o XVIII secolo, con molti interventi rilevanti effettuati nel XIX secolo.
L’architettura di questi insediamenti ci può dare un’idea dell’abilità costruttiva delle popolazioni contadine di quei tempi. Nei villaggi, infatti, si possono notare mastodontici portali, angoli ancora a prova di filo a piombo, eleganti infissi in pietra, muri di contenimento a secco, pozzi coperti, forni a legna, scale e mulattiere lastricate. A Formentara, inoltre, si nota il ricco sistema idrico, costituito da diverse fontane (ne abbiamo individuate almeno sette) dislocate in vari punti dell’insediamento, che canalizzavano e rendevano comodamente fruibile l’acqua di un ruscello. Sempre a Formentara, il maggiore dei tre villaggi, si trova addirittura un oratorio, dedicato a San Bartolomeo e costruito, secondo l’iscrizione murata in facciata, nel 1776.
Formentara è costituito da una trentina di edifici circa, separati da carugi e scolatoi delle acque piovane e, nella parte alta, si trovano alcune aie lastricate di arenaria, che fungevano da “piazza”, un luogo dove si svolgevano tutte le attività sociali e collettive, tra cui la più attesa era la festa estiva di San Bartolomeo, occasione in cui le mogli e le ragazze dei borghi salivano all’alpeggio con ogni genere di leccornie, si mangiava e si ballava davanti al fuoco per tutta la notte. Porcilecchio e Gurfuglieta, invece, sono costituiti da cascine sparse e non presentano una rete viaria interna, come a Formentara. Sono presenti comunque numerosi pozzi, mangiatoie per il bestiame, sentieri lastricati e portali monolitici. Esistono, inoltre, altri agglomerati minori, come Collaracci, poco distante da Porcilecchio, ed altri che non sono nemmeno segnati sulle carte. Infine, segnaliamo la presenza del casale denominato "Piagnara", toponimo legato spesso alla cava della pietra utilizzata per fare le piagne, cioè i tipici lastroni di arenaria che coprivano i tetti delle cascine. Con tutta probabilità, le piagne di Formentara e degli insediamenti limitrofi provengono da lì.
I villaggi sono caduti progressivamente in disuso a partire dagli anni ‘50, quando il boom economico e l’espandersi delle città ha portato i giovani ad abbandonare i borghi nativi e le loro tradizioni, per collocarsi nelle fabbriche e negli impieghi richiesti da una economia capitalista tecnocratica in rapida espansione.
Attualmente, gli insediamenti versano in condizioni disastrose. Gurfuglieta è prossima all’annichilimento totale, restando in piedi solo pochi muri sbrecciati, qualche portale e qualche angolo di cascina più robusto di altri. Porcilecchio si trova in condizioni leggermente migliori ma la selva lo sta inghiottendo completamente e i muri sono divelti dalle poderose radici degli alberi. Formentara è sicuramente il villaggio meglio conservato, tuttavia la maggioranza delle costruzioni è pericolante o prossima al crollo. I tetti sono sfondati, i pavimenti in legno completamente marciti, i muri presentano gravi “spanciature” e crepe strutturali. Solo gli infissi in pietra delle finestre e delle porte sono rimasti più o meno integri, unitamente a qualche angolo che ancora si presenta dritto e sano. L’acqua entra dappertutto e il muschio, le felci e le radici degli alberi si fanno largo tra le pietre e le piagne. I tronchi usati per costruire i tetti, nonostante abbiano resistito a diversi decenni di neve ed incurie, stanno marcendo e crollando sotto il peso delle coperture in pietra.
Un autentico tesoro della cultura materiale si sta sgretolando sotto i nostri occhi, ed è necessario intervenire repentinamente se si vuole salvarlo. Già in passato ci sono state proposte di rivalutazione, tuttavia nulla è stato portato a compimento.
Naturalmente un intervento di recupero, anche solo strutturale, a questo punto necessiterebbe di una spesa consistente, senza contare la realizzazione di pannelli informativi, spazi museali o espositivi e la messa in sicurezza e la manutenzione della strada comunale.
La migliore destinazione d’uso che si possa pensare per questi siti è quella di “ecomuseo” o “museo all’aperto”, uno spazio in cui ricreare e illustrare la vita pastorale e le attività ad essa legate, in primis la transumanza, poi l’arte casearia, i mestieri, la medicina popolare e i riti, l’architettura e la gastronomia.
Ma tutto ciò è secondario, è un sogno che non potrà essere realizzato se prima non si interviene per salvaguardare ciò che ancora si regge in piedi. La spesa per il risanamento sarà sicuramente elevata, ma vogliamo per questo lasciare andare in rovina un patrimonio della nostra storia e della nostra cultura? Dov’è la Comunità Europea? Dove sono la Soprintendenza per i Beni Culturali e gli Enti pubblici? Un paio di cartelli, uno all’ingresso del villaggio e l’altro nei pressi dell’oratorio sono già una buona cosa, ma non bastano. Infatti, tra cinque anni i cartelli rimarranno, ma indicheranno soltanto un cumulo di macerie che franano a valle.

Cassina con aia lastricata (Formentara)

Tetto in piagne ben conservato (Formentara)

Formentara, paesaggio

Stradello e case alla Formentara

Oratorio di San Bartolomeo, 1776 (Formentara)

Cassina isolata (Formentara)

Formentara, il villaggio immerso nel bosco


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1 commento:

  1. Buongiorno, conosco la Formentara, ci sono stato parecchie volte, non conosco invece Porcile e Gurfuglieta: potrei avere indicazioni su come raggiungerli? Grazie, Lorenzo

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